Stress da mancanza di affetto, fobia sociale, evitamento… sono alcune delle conseguenze emotive del Covid-19 che iniziano a pesare davvero troppo sul nostro equilibrio psichico.

Dopo oltre un anno, la stanchezza inizia a farsi sentire e diventa sempre più complicato saperla gestire. 

Non è un caso che alcune manifestazioni pubbliche con intento puramente dimostrativo si infiammino rapidamente. La gente che riversa sulle strade regge poco, l’equilibrio corre su un filo spinato.  

E questo perché la limitata libertà individuale, gli spostamenti vietati, il lavoro che naufraga premono con insistenza sulla stanchezza per una situazione che ancora continua a seminare instabilità, incertezza, precarietà.

Non da ultimo, a pesare come un macigno sulle nostre esistenze le relazioni sociali tranciate dalle misure anti-contagio

Abbiamo bisogno del contatto per vivere senza stress e ansia, come abbiamo bisogno di cibo e acqua per tenere in vita il nostro organismo.

Lo stress si fa sentire per il perdurare di una condizione annichilente

Il perdurare di una condizione stressante non è mai tollerabile dal nostro sistema psico-fisico. 

Nel lungo periodo, infatti, se le cose non rientrano, viene meno la capacità di reazione. E si rischia un vero e proprio tracollo, l’esaurimento.

In questa situazione di pandemia non è semplice mantenere in equilibrio tutte le sensazioni che derivano dall’incertezza del futuro, dalla precarietà economica e dalla paura del contagio che resta sempre accesa. 

La fobia sociale causa diffidenza, evitamento. La obbligata privazione di contatto porta inevitabilmente a condizioni di chiusura forzata. Ciò cui non eravamo affatto abituati.

In altre regioni del mondo, la situazione sta migliorando. Possiamo vedere nei vari TG persone che a Londra o in Israele hanno dismesso le mascherine e possono tornare alla loro vita di sempre.

E noi siamo ancora in una sorta di limbo, con un piede fuori della porta, sperando di poter tornare a vivere a piene mani quanto prima possibile.

Nel frattempo, però, agiscono silenziosamente gli effetti post-covid sulla nostra psiche. Possiamo avvertire quei sintomi di un virus che non ha soltanto tolto l’aria a chi ne è rimasto vittima, ma anche la “linfa” che ci fa sentire vivi e presenti a noi stessi e agli altri.

Il tatto come bisogno primario

Ricordiamolo anche quando tutto questo sarà finito: abbiamo bisogno dell’altro per sentirci vivi e presenti a noi stessi. E il tatto è un canale di comunicazione primario.

Questo assunto non toglie alcuna autorità all’importanza del pensiero individualista che forma le identità, ciascuna diversa dall’altra. Niente affatto, i due concetti non si escludono a vicenda. 

La verità è che abbiamo bisogno del contatto, del tatto, per non implodere, per non appassire come piante prive d’acqua. Ma soprattutto non possiamo vivere senza contatto per colpa di una causa esterna che muove verso parte opposta, generando sensazioni di fobia sociale.

A ben guardare tutto in natura regge sugli stessi equilibri. Animali, vegetali, esseri umani. Funzioniamo bene, come un motore con la sua benzina, se riceviamo energia attraverso il contatto e la cura dell’altro. 

Non possiamo farne a meno, come pure dimostrano studi e ricerche nell’ambito delle neuroscienze.

È la Dott.ssa Katerina Fotopoulou, Professoressa di Neuroscienze Psicodinamiche all’University College di Londra, a dichiarare quanto “Dipendiamo completamente dal caregiver per soddisfare i bisogni fondamentali del corpo. Si può fare poco senza toccare.”

E che: “Il corpo umano ha costruito tutti i suoi modelli basati sul tocco ricevuto dai caregiver”.

La stessa depressione, una malattia seria che deforma l’esistenza di molte persone, può essere la conseguenza della mancanza di contatto fisico.

Il protrarsi a lungo di questa privazione, infatti, porta a una profonda desolazione, alla destabilizzazione dell’umore e alla mancanza di una ragione per continuare a vivere.

Da qui ne deriva che il contatto, il tatto, le relazioni sociali sono fondamentali per il nostro benessere psico-fisico. Mancanza di affetto, fobia sociale e distanziamento possono generare reazioni ingestibili a livello conscio.

Senza abbracci aumentano stress e stati d’ansia per mancanza di affetto

La paura del contagio e le misure prese per evitarlo ci hanno portati a eliminare del tutto gli abbracci, i saluti con la mano, i “buffetti” e i baci sulle guance. 

E il peggio è che questa “censura” è avvenuta anche in casa, tra familiari, parenti e amici stretti.

Forse non ci si faceva caso prima che il virus ci incatenasse, ma ora sì, iniziamo a sentire questa forte mancanza di affetto che viene dal contatto fisico.

Chiaro che non sia per tutti la stessa cosa, ma ricordiamoci di quando una forte emozione o un forte dolore ci hanno portati a ricercare – spontaneamente – un abbraccio, una carezza, una stretta più forte della morsa con cui spesso la vita ci tiene intrappolati.

Il tocco è capace di alleviare il dolore, contenere lo stress e altre forti emozioni. Quando non possiamo consolarci con il tatto, proviamo ansia e agitazione. 

E infatti, il bambino che cade e si sbuccia il ginocchio, non smette forse di piangere non appena riceve il bacio della mamma sulla ferita?